Pierantonio Tanzola                                       

                                            

               

    

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Giordano Bruno Guerri

DACCAPO, INSIEME

Si chiama Daccapo perché è un ritorno al saper fare nella scultura e nella pittura. E perché è anche un ritorno all’amicizia e alla solidarietà tra artisti, che tornano a essere protagonisti della loro opera, senza mediatori culturali. Non voglio dunque essere, né sentirmi, un mediatore culturale. Mi sono felicemente seduto con i quattro amici al bar, o meglio alla Taverna di Gardone Riviera e – fra uno gnocco e un casoncello, ascoltandoli – ho semplicemente messo a disposizione lo spazio che suggerivano, un luogo complesso, emblematico e carismatico. E’ quello intorno al MAS della Beffa di Buccari, che ancora corre immobile nella penombra e rimpiange, oltre i marinai, l’arte che Gabriele d’Annunzio portò a bordo insieme alla galantina ti pollo per confortare i suoi compagni. Arte e audacia si fondono e si integrano magnificamente, lo sapeva bene il Poeta Comandante. E lo sa bene Ugo Riva, che ha ideato il dialogo fra una sua scultura e i pittori Tanzola, Pasini e Nannini. Sono sette opere di formato simile, volutamente poche perché tutte hanno bisogno di spazio per essere prima intuite e poi capite. Ai lati stanno le due opere di Pasini, una di faccia all’altra, poi quelle di Nannini e di Tanzola, tutte in corsa verso la scultura di Riva. Tutte diverse fra loro, le unisce la relazione di ciascun artista con il Vittoriale e le sue suggestioni, con Gabriele d’Annunzio e il suo messaggio di bellezza: è il luogo che unisce le quattro poetiche, che io sento così: In Pasini la memoria del passato viene percepita come una presenza quasi fisica, nell’alternanza di luce e ombre, nella ricchezza dei contrasti e dell’estetismo decadente che il Vittoriale stesso suggerisce(...) Le opere di Tanzola sono un passo verso l’astrazione, verso uno sfaldamento delle forme per farsi archetipo e concetto, forma pura, segno dello spirito. Per questo Tanzola titola la sua opera “Dio pro tempore”, rivelando la doppia interpretazione del suo lavoro: creare utopicamente e ironicamente un uomo nuovo, un Ubermensch, attraverso i mezzi, le immagini, le esperienze, le intuizioni, gli sforzi e i drammi che incidono sulla creazione dell’opera d’arte. L’opera di Riva è la scultura tutto tondo di un angelo, creatura celeste che già – più grande – vigila sulla torretta di fronte al Vittoriale: lo spirito è sceso, l’assenza si è fatto presenza, lo pneuma ha preso corpo, l’aria si è fatta materia e il concetto, solido. Il culmine del percorso è dunque il soprannaturale, ciò da cui speriamo di venire e a cui desideriamo tornare: tra i fuochi di questa ellisse sta il nostro agire. Il percorso espositivo si interroga sul passato, sul qui e ora, sul futuro delle nostre presenze. Cosa resta di uomini e donne, del loro agire, se non la memoria nei vivi, la poesia dei tentativi? Resta la passione del vivere, perché ogni uomo - di allora, di oggi e di domani - insegue la vita in sé e la sua essenza. Così la memoria diventa eredità e nuovo percorso. Daccapo.

 

Giordano Bruno Guerri, 2020                              

(dal catalogo "DACCAPO",

Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera 2020)